L’esercizio fisico non è solo un’arma di prevenzione, ma un aiuto per i malati. Nel 2030 le persone colpite in Italia saranno 5 milioni

Chi l’ha detto che un diabetico non può fare sport? A sfatare questo mito negativo, purtroppo ancora molto duro da infrangere, ci hanno pensato i protagonisti dell’ambizioso progetto «BiciCuoreDiabete», conclusosi sabato scorso. L’iniziativa, promossa con il patrocinio del Coni, ha visto la partecipazione di un gruppo di atleti diabetici, impegnati, per ben sette tappe, in un lungo tour ciclistico che li ha condotti da Milano fino a Walkeburg, in Belgio, per un totale di 1153 chilometri. L’obiettivo? Sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza dell’attività fisica nella prevenzione e nella cura di una delle più diffuse «malattie del benessere» del XXI secolo.

Secondo gli ultimi dati disponibili che verranno presentati in occasione della prossima «Giornata Mondiale del Diabete» – in programma il 10 e l’11 novembre – in Italia a soffrirne sono ben 3 milioni di persone. Ma il dato poco rassicurante riguarda la previsione per i prossimi 20 anni. Si calcola, infatti, che nel 2030 saranno saliti a 5 milioni gli individui colpiti dalla malattia. Un dato perfettamente in linea con quanto sta avvenendo negli altri Paesi affluenti e che rischia di mettere in seria crisi il sistema sanitario. Quel che costa sempre di più non è tanto il trattamento del diabete quanto i suoi «effetti a catena»: mentre la spesa per i farmaci ha raggiunto il 7% del totale, il costo delle terapie per le complicanze tocca il 25% e il 68% è legato ai ricoveri ospedalieri e a tutte le cure ambulatoriali.

Come spiega la dottoressa Silvia Arnone, diabetologa e responsabile del progetto, «la forma più diffusa di diabete, quello di tipo 2, è strettamente associata ad uno stile di vita poco sano. Generalmente si manifesta dopo i 40 anni, soprattutto in persone sovrappeso e obese. In questi individui si ha una graduale perdita della capacità da parte del corpo di controllare il livello di zuccheri presenti nel sangue». Eppure tutto ciò potrebbe essere evitato se soltanto le persone seguissero il consiglio di svolgere una regolare attività fisica. Diversi studi hanno infatti dimostrato che lo sport, la corretta alimentazione e il controllo frequente della glicemia potrebbero portare ad una diminuzione drastica – fino al 40% – dei casi di diabete.

«Ma praticare sport – continua Arnone – oltre a prevenire la malattia è molto utile anche per chi già ne soffre. Ed è proprio in questa direzione che è nata l’iniziativa chiamata “BiciCuoreDiabete”. L’attività fisica costante – confermano ormai molte ricerche – migliora nettamente la capacità delle cellule di assorbire glucosio, aumentando quindi il numero di recettori per l’insulina. «In particolare uno degli sport più idonei a chi soffre di diabete si è rivelato il ciclismo, poiché si tratta di un’attività aerobica, di tipo ripetitivo e costante. E non soltanto. La bicicletta ha anche il vantaggio di essere uno sport non traumatico, con tempi di recupero muscolare più rapidi, e offre la possibilità di percorrere distanze significativamente maggiori rispetto ad altre discipline», spiega la dottoressa.

Durante il tour gli atleti (il più anziano è un sessantacinquenne) sono stati seguiti da un team medico in grado di supportarli lungo tutto il percorso. Grazie ad un reflettometro, installato sul manubrio della bicicletta, è stato possibile monitorare in tempo reale la glicemia, correggendola all’occorrenza. «Attraverso questa esperienza – conclude Arnone – abbiamo voluto mostrare che essere affetti da diabete non è affatto un limite. A queste persone nulla è precluso: l’importante è che conoscano e capiscano il linguaggio del proprio corpo. Si tratta della premessa fondamentale per poter gestire in modo corretto la malattia».

DANIELE BANFI

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